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Head Hunter o Information Hunter?

Il Talent Acquisition in ambito IT e Digital è un contesto estremamente competitivo e con un livello di dinamismo che spesso sfiora la frenesia, inutile girarci intorno.

Il contesto post-pandemico ha solo spostato alcune delle regole del gioco, ingessando solo inizialmente la fluidità del mercato del lavoro in questo specifico ambito, per poi spostare gli equilibri verso temi legati al remote working, alla ricerca di progettualità più specifiche, e al cosiddetto work-life balance.

In un mercato dove l’equilibrio tra domanda e offerta di competenze è straordinariamente (e pericolosamente) sbilanciato (per quantità e qualità) verso la domanda, raggiungere i professionisti e le skill adeguate per i bisogni della propria organizzazione è davvero una sfida quotidiana.

Se consideriamo (con un granello di umorismo, un pochino di approssimazione e un pizzico di astrazione) che LinkedIn ci suggerisce l’esistenza in Italia di circa 1200 IT Recruiter qualcosa e di circa 49000 software developer, e se allo stesso tempo consideriamo che tutti i profili di It Recruiter sono in fase di hiring, significa che mediamente ogni recruiter ha a disposizione un pool di 40 potenziali candidati da poter ingaggiare (lo so, è una enorme semplificazione e si presta senz’altro a critiche di metodo, ma è per rendere il concetto).

Non sarebbe nemmeno una situazione disastrosa, se non fosse che il tasso di inoccupazione in ambito IT e Digital è praticamente nullo, e di conseguenza 98 volte su 100 la sfida è legata al convincere una persona a lasciare il suo posto di lavoro attuale in favore della propria organizzazione (…e questa è una prima ovvia risposta alla quotidiana affermazione del sales di turno che, al caffè, con nonchalance, ti dice “mi servono 10 java per domani mattina).

Insomma, vista così, l’Head Hunter (che nell’immaginario collettivo è una specie di cyborg – sniper che si piazza a 500 metri dalla preda con un fucile di precisione, prende la mira a sangue freddo tra un tiro di sigaretta e l’altro, preme il grilletto e lancia un dardo paralizzante sul DevOps Guru Architect EMEA che la propria azienda gli ha commissionato, per poi trascinarlo inerme nel proprio dipartimento IT) rischia in realtà di essere un fantozziano cacciatore con la pistola nei pantaloni e un retino per farfalle come unico “tool” per catturare prede intelligenti, furbe, scaltre e sfuggenti per poi tornare dalla Pina puntualmente a mani vuote.

E quindi come si fa a vincere, o almeno a giocare con qualche speranza, la sfida dell’attrazione verso le propria organizzazione di quelle figure mitologiche a metà tra IT, Digital, mistico e religioso?

Se avessi una risposta certa e infallibile, credetemi farei un altro mestiere (per quanto mi piaccia molto ciò che sto facendo in Gruppo SCAI) però un suggerimento che mi sento di condividere è di spendere molto tempo a qualificare il proprio set di dati per ritrovare l’informazione vincente prima degli altri.

Tutte le aziende, per definizione, hanno il career path più bello del mondo, il sistema incentivante più incentivante del mondo, il welfare più well del mondo, e, naturalmente, i progetti più tecnologicamente avanzati appena un gradino sotto il dipartimento di ricerca e sviluppo della NASA. E quindi, ammesso che ciò sia vero, a parità di condizioni, vince chi arriva prima.

Arriva prima chi raccoglie con precisione (e ritrova con velocità) le informazioni raccolte durante le qualificazioni precedenti, ritrovando magari dopo settimane un candidato che era di principio interessato e qualificato a una specifica posizione ma, per 1000 motivi, non è arrivato in fondo a quello specifico processo.

Arriva prima chi ingaggia costantemente il proprio network di potenziali candidati, coinvolgendolo sull’apertura di nuove opportunità qualche giorno prima della pubblicazione ufficiale, con una mail o un messaggio WhatsApp – è un investimento di qualche ora che può fare risparmiare settimane.

Arriva prima chi domina gli strumenti di gestione dei profili e delle candidature che l’azienda mette a disposizione, imparando a far letteralmente cantare il proprio database sperimentando query, provando e proponendo funzionalità, senza paura di sbagliare: siamo recruiter, un tasto sbagliato non può uccidere nessuno o lanciare per sbaglio un missile verso una nazione amica.

Arriva prima chi, invece che pubblicare l’ennesimo annuncio fotocopia con l’obiettivo di pubblicare per primo, isola immediatamente quei 5, 10 candidati potenzialmente in linea e alza il telefono per verificare, di persona, senza troppi giri, se ci può essere (o è riemerso) interesse per valutare una nuova opportunità professionale.

Arriva prima chi, costantemente, si tiene aggiornato sul posizionamento della propria organizzazione, sui propri valori distintivi e li sa sempre raccontare con sincerità, passione ed entusiasmo: non si tratta di leggere un e spiegare un bilancio, si tratta di raccontare una storia, la storia di quanto è bello lavorare per la nostra organizzazione (a patto che ci si creda veramente).

Arriva prima, forse, chi sa come organizzare e ritrovare un’informazione. Forse, più che di “Head Hunter”, siamo chiamati ad essere “Information Hunter”. Il resto, probabilmente, viene da sé.

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