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AI e Recruiter: Amici o Nemici?

In un mondo in rapida evoluzione, in cui i processi e le tecnologie tradizionali di reclutamento forse stanno raggiungendo i loro limiti, i recruiter si trovano di fronte alla sfida di adattarsi per rimanere una figura di riferimento nel processo di talent acquisition, in ogni tipo di organizzazione aziendale.

Proprio come le automobili hanno parti della carrozzeria destinate ad accartocciarsi assorbendo un urto, i recruiter devono identificare le proprie “crumple zones” per evitare di diventare obsoleti e sostituibili.

Ho letto recentemente un articolo di Kevin Wheeler tratto dalla sua interessantissima rubrica The Future of Talent incentrato su un’intervista tenuta dal CEO di Google Sundar Pichai presso la trasmissione 60 minutes: questo articolo esplora l’intersezione tra intelligenza artificiale (AI) e le human skills nell’industria del reclutamento, evidenziando ciò che l’AI può fare per aiutare i recruiter e le competenze che questi devono coltivare, non solo per non rischiare di essere relegati ad un ruolo di secondo o terzo piano, ma anzi per poter delegare attività certamente utili ma ripetibili e automatizzabili, liberando quindi tempo per aumentare il valore del pensiero e dell’interazione umana (…dovrebbe essere uno degli assets fondamentali di chi si occupa di reclutamento).

Nell’articolo ho colto alcuni punti chiave, che provo a riassumere rapidamente di seguito:

Pianificazione Strategica

Le strategie di reclutamento richiedono un tocco umano, che comprende la previsione dei bisogni di personale, la comprensione degli obiettivi organizzativi e la consapevolezza delle tendenze di mercato. I recruiter umani possiedono la capacità di comprendere le tendenze sfumate e la concorrenza, fornendo preziose informazioni che l’AI non può replicare.

Ridisegnare ciò che facciamo

Per garantire il proprio futuro, il recruiter deve ridisegnare il proprio ruolo e il proprio approcco. Piuttosto che competere con l’AI, i recruiter dovrebbero abbracciarla come uno strumento potente, potenziandone le capacità quando necessario. Lasciamo che i chatbot si occupino delle prime ricerche e selezioni dei candidati, riservando il coinvolgimento dei recruiter per compiti che richiedono una sensibilità umana, come valutare le competenze e prendere decisioni soggettive.

Cultural fit

Determinare l’impatto culturale, l’armonizzazione collettiva di valori, credenze e comportamenti tra dipendenti è un ingrediente chiave di una forza lavoro di successo. Valutare la compatibilità di un candidato con la cultura aziendale richiede una comprensione contestuale e un giudizio soggettivo, ambiti in cui l’AI è carente. Sebbene l’AI possa valutare le competenze tecniche basate su dati oggettivi, non è in grado di valutare con precisione le competenze soft come lo stile di comunicazione o l’etica del lavoro. I recruiter umani eccellono nel prendere decisioni soggettive e nel costruire relazioni che vanno oltre le capacità dell’AI.

Branding e Marketing

Creare un marchio e un messaggio convincenti è fondamentale per attirare i migliori talenti. L’AI può assistere nell’analisi dei dati, aiutando a creare documenti, articoli e documenti alquanto corretti, ma ancora manca l’immaginazione e il legame emotivo necessari per coinvolgere i candidati. I recruiter in grado di raccontare la storia dell’azienda e suscitare entusiasmo genuino per la propria organizzazione avranno un vantaggio significativo nella competizione per il talento.

Coinvolgere e ingaggiare

Costruire relazioni profonde e durature con i candidati e i responsabili delle assunzioni è una competenza che contraddistingue i recruiter eccezionali. Sebbene l’AI possa interagire con numerosi potenziali assunti, fatica a instaurare connessioni personali e fiducia che solo gli esseri umani possono coltivare. Creando relazioni autentiche, i recruiter possono influenzare i migliori talenti e gestire con successo processi di selezione complessi.

Influenzare e Negoziare

La negoziazione di termini salariali e pacchetti di benefici richiede competenze interpersonali che sono uniche degli esseri umani. I recruiter che sanno comprendere le motivazioni, costruire un rapporto e trovare soluzioni vantaggiose per entrambe le parti hanno un vantaggio fondamentale rispetto all’AI. La capacità di influenzare, trovare un compromesso e costruire accordi soddisfacenti è una competenza inestimabile che i chatbot non possono replicare.

In conclusione?

Nonostante l’AI continui a progredire, i recruiter non devono temere l’obsolescenza. Abbracciando l’AI come complemento alle proprie competenze e coltivando le qualità umane, i recruiter possono garantirsi un posto nel futuro dell’industria. Incoraggiare i team a sperimentare nuove tecnologie, promuovere l’intelligenza emotiva e offrire spazi per il feedback può consentire ai recruiter di plasmare il proprio futuro. Il panorama del reclutamento cambierà senza dubbio, ma coltivando nuove competenze e adattandosi alle tecnologie emergenti, i recruiter potranno rimanere indispensabili, ampliando le proprie possibilità in questo ambiente in continua evoluzione grazie a questo potente alleato.

Un articolo tratto dal Blog di Alessandro De Salve

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