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Empowerment femminile ed eliminazione del gender pay gap: utopia o obiettivo possibile?

Siamo tutti quotidianamente influenzati dai cosiddetti unconscious bias, pregiudizi inconsci che condizionano in modo irrazionale i nostri comportamenti e le nostre decisioni. Le disparità di genere e le discriminazioni, che numerosi organismi sovranazionali e non cercano di combattere, hanno origine anche da questi costrutti sociali. L’ONU, ad esempio, nel settembre del 2015 ha dato vita ad un piano d’azione globale, l’Agenda 2030.

Composta da 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), o Sustainable Development Goals, si sofferma su varie tematiche sociali, economiche e ambientali. La sua finalità principale è quella di far fronte alle sfide globali e promuovere lo sviluppo sostenibile entro il 2030. Il 5° obiettivo presente nell’Agenda è quello che si propone di raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze, l’empowerment, superando il gender e pay gap e garantendo accesso egualitario a sanità, educazione e a un lavoro dignitoso.

L’empowerment al femminile è un concetto introdotto per la prima volta durante la terza Conferenza Mondiale sulle Donne dell’ONU a Nairobi nel 1985. Si pone l’obiettivo di creare opportunità per le donne e rimuovere le barriere che impediscono la loro piena integrazione nel contesto in cui lavorano. Inoltre, grazie al suo significato intrinseco, risulta essere uno strumento chiave nella lotta relativa al gender gap, o divario di genere, la persistente disparità sociale, economica, politica e lavorativa tra uomini e donne e al pay gap, una declinazione del gender gap da un punto di vista economico riferita alla disparità salariale tra uomini e donne che svolgono le medesime mansioni

Gender gap

Il Global Gender Gap Report è un rapporto annuale pubblicato dal World Economic Forum (WEF) che misura le disuguaglianze di genere in tutto il mondo. Si fonda su un’ampia raccolta di dati e ha lo scopo di attribuire, per ciascun paese analizzato, un punteggio da 0 a 1 (che rappresenta la parità di genere assoluta) connesso a varie sfaccettature del gap tra uomini e donne: 1 – la partecipazione economica; 2 – l’accesso all’istruzione; 3 – la partecipazione politica; 4 – la salute e l’aspettativa di vita. Una volta definiti questi quattro punteggi viene realizzata una media e definito lo score complessivo della singola nazione.

Rispetto alla top 10 delle 146 nazioni analizzate nel 2023 è interessante notare che, per la 14esima volta consecutiva, l’Islanda è in testa alla classifica, raggiungendo un indice di parità di genere complessivo pari a 0,912/1.

L’Italia, al contrario, ha subito un significativo deterioramento di posizione rispetto all’anno precedente, scivolando di ben 13 posizioni e attestandosi al 79esimo posto. Secondo il Global Gender Gap Report 2023 del WEF, allo stato attuale, sono necessari 131 anni per colmare il divario complessivo tra i sessi, 169 per raggiungere la gender equality economica e 162 per quella politica.

Quali sono le cause del posizionamento assunto dall’Italia?

Il posizionamento dell’Italia in questa classifica è dovuto a diverse cause che contribuiscono alla persistente disuguaglianza di genere nel Paese:

• Il minor numero di donne impiegate in lavori qualificati nel campo della tecnologia e settori correlati;

• L’interruzione o la sospensione della carriera per esigenze di maternità;

• Le difficoltà nella conciliazione tra vita privata e lavorativa;

• I pregiudizi di genere durante le fasi di selezione e assunzione.

Pay Gap

Il riferimento che viene utilizzato comunemente per fornire una valutazione relativa al pay gap è rappresentato dallo stipendio medio lordo, a parità di funzione e ruolo assunto. Gli ultimi dati disponibili stabiliscono che in Italia tale indicatore è pari al 13%, contro la media europea pari al 16,3%. Prendendo a riferimento considerazioni più ampie, però, la situazione peggiora ulteriormente. Infatti, considerando variabili come la copertura delle posizioni apicali, la percentuale di disoccupazione per genere e la retribuzione lorda annua, il gap cresce, raggiungendo il 44% in Italia, contro il 40% in Europa. (Fonte: Gender Overall Earnings Gap).

Tra le principali cause del divario retributivo troviamo:

• La segregazione settoriale: il divario retributivo di genere è legato alla sovra rappresentazione delle donne in settori a retribuzione relativamente bassa, come l’assistenza, la sanità e l’istruzione;

• Il soffitto di vetro: meno dell’8% degli AD delle aziende più importanti sono donne. Inoltre, il ruolo con le maggiori differenze di retribuzione nell’UE è quella dei dirigenti, con retribuzioni inferiori del 23%;

• La mancanza di parità di trattamento.

Empowerment al femminile

L’EIGE, Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, mostra la quota di donne e uomini nei consigli di amministrazione delle maggiori società quotate in borsa nell’UE nell’ottobre 2022.

I dati, suddivisi per ogni paese dell’Unione Europea, sono messi a confronto con il valore medio europeo e con la fascia che rappresenta la zona di equilibrio di genere, per fornire una chiara ed efficace fotografia della situazione sul gender gap paese per paese.

Quando emerge dai dati 2022 dell’EIGE è un lieve miglioramento della presenza delle donne tra i membri dei consigli di amministrazione delle maggiori società quotate in borsa dell’UE, il circa il 32,2% rispetto al 30% del 2021. In Italia, la percentuale sale, fino a raggiungere una media del 40%.

Dai vari dati analizzati è chiara l’entità del fenomeno e l’importanza di invertire il trend in corso. La parità di genere è un problema attuale e diffuso, che non coinvolge solo il nostro paese, ma va oltre i confini nazionali assumendo dimensioni globali.

ll gender gap non dovrebbe essere considerato come una causa di divario, ma piuttosto come un’opportunità di complementarietà in grado di generare nuove idee e promuovere lo sviluppo.

Per farvi fronte, è necessario un impegno costante da parte di governi, organizzazioni e individui, che si sostanzi nel promuovere politiche e iniziative per l’uguaglianza, superando le barriere culturali e strutturali presenti. Solo tramite uno sforzo collettivo sarà possibile costruire una società più equa e inclusiva.

Nel perseguire questo obiettivo, le soluzioni attuabili possono essere diverse. Tra queste, 

• il sostegno alla leadership al femminile, che potrà garantire l’opportunità di raggiungere posizioni apicali donne competenti e qualificate;

• l’implementazione della parità retributiva, basata su criteri meritocratici chiari e condivisi;

• la gestione trasparente e meritocratica dei colloqui di selezione, al fine di garantire l’accesso delle donne anche all’interno dei settori in crescita, come quelli tecnologici;

• la diffusione e la sensibilizzazione a tutti i livelli aziendali sulla cultura della gender equality, una misura imprescindibile per promuovere l’uguaglianza di genere.

L’impegno continuo in queste direzioni può contribuire a costruire una società priva di discriminazioni di genere. L’adozione di pratiche volte a ridurre il gender gap non è connessa esclusivamente a fini etici ma comporta numerosi vantaggi per le aziende, Oltre a favorire un miglior clima aziendale, in cui i membri dei team si sentono apprezzati e rispettati, consente di ottenere maggiori performance a livello di team e di azienda , grazie alla diversità di prospettive e competenze provenienti da uomini e donne, e favorisce l’innovazione e la capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti.

L’adozione di pratiche finalizzate a ridurre questo divario rappresenta un vantaggio per tutte le aziende, i dipendenti e la società nel suo insieme, rappresentando un approccio inclusivo che promuove la prosperità e il progresso duraturo.

Sebbene l’’empowerment femminile e l’eliminazione del gender pay gap siano ancora lontani, l’impegno da parte di aziende, governi ed enti sovranazionali potrebbe essere fondamentale per il raggiungere questo obiettivo.

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Giacomo Bianchini – Analyst
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