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È nel cloud in futuro della PA. E qualcosa si sta muovendo

Nei piani del governo per la trasformazione digitale della PA è espresso un approccio ’cloud first‘: ‘orientato alla migrazione dei dati e degli applicativi informatici delle singole amministrazioni verso un ambiente cloud’. Gran parte dei manager di PA sa quali sono i problemi e le sfide prioritarie che si troverà ad affrontare, si chiede quali saranno le reali opportunità e come, infine, riuscire a migrare con efficienza ed efficacia la propria organizzazione verso il cloud.
Saremo sempre più in un mondo in cui ci sarà meno carta, più digitale, e più ancora in-cloud. L’informazione, specie quella pubblica, sarà dematerializzata. Facile a dirsi, anche pensando ai vantaggi ambientali, un po’ più difficile a farsi, almeno per la PA che, nonostante abbia asserito da tempo di intraprendere la strada della dematerializzazione, non è ancora riuscita nell’impresa di completare l’informatizzazione dei processi di produzione e della conservazione della documentazione. A scapito del suo stesso scopo: il servizio al cittadino, alle imprese, alle altre PA.

Diamo per scontato che il servizio di informazione sanitaria (cartella sanitaria, green pass, etc.) sia ormai digitale e che possiamo accedere alle analisi mediche direttamente da mobile-phone senza dover attendere l’apertura degli sportelli in lunghe code. Meno scontato è l’accesso a pratiche digitali: meno di 50 comuni su 110 analizzati su tutto il territorio nazionale [Forum PA-Dedagroup 2021] consentono alcuni dei servizi on-line per numerosi servizi della lista Digital Public Services (il trasporto scolastico, la tassa/canone occupazione spazi ed aree pubbliche, la certificati di destinazione urbanistica, permesso di transito per ZTL, cambio di indirizzo o residenza, contrassegno di invalidità, richiesta della tessera elettorale, assegno nucleo familiare). Siamo di fronte a una disomogeneità delle PA nel fornire velocemente, automaticamente e con simultaneità, i servizi cui sono preposte. Vi è, inoltre, una profonda disparità (digital gap) tra centri metropolitani di grandi dimensioni rispetto a quelli di minori dimensioni aventi meno risorse (per non parlare delle comunità montane e piccolissimi comuni e borghi): nel 2021 sono stati appena 49 i Comuni capoluogo digitalmente maturi [Fonte: ForumPA]. Le città italiane digitalmente più avanzate si trovano soprattutto nelle regioni del Nord e sono di grandi dimensioni con poche eccezioni virtuose fra i piccoli Comuni e nel Mezzogiorno. Il problema di fondo è che gran parte delle PA faticano a raggiungere processi digitali e servizi a connessione veloce perché non dispongono di infrastrutture abilitanti, ancorché piattaforme (sportelli digitali) all’utenza. Le piccole comunità non fanno leva su impianti e collegamenti digitali atti a fornire servizi sicuri, veloci, efficienti, con aggiornamento continuo di apparati hardware, robustezza rispetto ai rischi di disastri (es. dovuti a terremoti, alluvioni, incendi) e, non da ultimo, la sicurezza.


Per esse, proporre servizi in-cloud consentirebbe di ridurre la disparità digitale che le affligge e di avviare rapidamente, a costi sostenibili, nuovi servizi. Infatti, scegliendo cloud, tutti i costi e le necessità di infrastruttura (spazi, energia, sicurezza, etc.) sarebbero esternalizzati, pagando in base al consumo (‘pago poco, se consumo poco’). Una scelta, invece, on-premise (programmi informatici installati e gestiti attraverso computer locali nella sede della singola PA) sarebbe quasi certamente impraticabile: quasi nessuna PA di piccole dimensioni (es. Comuni, Province) potrebbe efficacemente disporre di impianti e di adeguata connessione internet né tantomeno aggiornare gli apparati o farne manutenzione. Le PA di piccole dimensioni, d’altra parte, si trovano di fronte a grandi opportunità rispetto al cloud nel prossimo futuro. Non avendo effettuato, fino ad oggi, investimenti in grandi sistemi (‘sunk cost fallacy’, spese non redditizie), possono ricorrere agilmente a società IT capaci di fornire, chiavi in mano, piattaforme specialistiche pronte e complete in-cloud ovvero, Platform as a Service (PaaS) o addirittura Everything as a Service (cioè XaaS) – vale a dire che qualsiasi funzione IT può essere trasformata in un servizio per il consumo aziendale. Il servizio viene pagato secondo un modello di consumo flessibile piuttosto che come acquisto anticipato o licenza).

In poco tempo, scegliendo operatori che hanno comprovata esperienza, possono ottenere la messa in opera di PA virtuali: attraverso piattaforme che dispongono di a) un back-office per riprodurre e catalogare il cartaceo d’archivio in digitale; gestire le utenze; amministrare bolli digitali e cassa; effettuare monitoraggi e controlli etc. b) un front-office a cui accedono in diverso modo e diversa urgenza gli utenti (cittadini, imprese, altre PA) per accedere, leggere, interagire, certificare, pagare, chiedere informazioni. ‘All in one’ per l’interazione ed accessibilità di tutta l’utenza verso la PA. Ciò detto, le procedure di digitalizzazione non devono alterare, almeno inizialmente, il flusso organizzativo delle PA. La migrazione dei dati è la parte più delicata e richiede la collaborazione tra PA ed imprese IT. La formazione del personale interno è parte fondamentale del processo di trasformazione: digitalizzare un documento non è come fotocopiarlo; catalogare un documento richiede competenze umanistiche e conformarsi agli standard di catalogo nazionali (es. ICCU, ICCD, ICAR).

È indispensabile, infine, una scelta PaaS (Platform-as-a-Service), vale a dire un servizio di cloud computing in cui l’hardware e la piattaforma software applicativa vengono forniti da terze parti. Per quanto fin qui esposto, seguiamo con attenzione e interesse il fatto che il progetto del governo Draghi per la dematerializzazione della PA, finanziato dal piano europeo di rilancio PNRR con 1,9 miliardi, abbia fatto un deciso passo in avanti. Per la sua realizzazione, infatti, la cordata di imprese TIM, Leonardo, Sogei e CDP Equity si è guadagnata la patente di favorita nella fase di preselezione indetta dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio nell’ottica di dare il via ai lavori nella seconda metà del 2022.

Intervento di Massimiliano Cipolletta pubblicato il 6 gennaio 2022 su Il sole 24 ore.

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Massimiliano Cipolletta
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