Quasi 5 milioni e mezzo di posti di lavoro e un valore aggiunto che sfiora i 500 miliardi di euro: i dati del rapporto EU 2022 sulla Blue Economy mostrano un comparto in piena crescita. Il settore del resto è molto ampio: filiera ittica, attività sportive e ricreative, cantieristica e ingegneria navale, estrazioni marine, ricerca e tutela ambientale, movimentazioni di merci e passeggeri via mare, servizi di alloggio e ristorazione in aree marine ed oceaniche; di conseguenza l’attenzione è molto alta sia sul versante delle opportunità occupazionali sia su quello della sostenibilità ambientale, al centro del dibattito europeo.
La “crescita blu” per l’UE deve corrispondere a “crescita sostenibile” in linea coi principi del Green Deal: neutralità climatica e azzeramento dell’inquinamento, economia circolare, tutela della biodiversità, infrastrutture e pesca sostenibili.
Con la sua posizione strategica, l’Italia ha da sempre una forte identità marittima: secondo il Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere è sempre più forte la domanda di competenze green per l’81,4% delle professioni della Blue Economy. Il PNRR, inoltre, prevede una serie di investimenti e riforme nell’ottica della transizione ecologica anche per incrementare le energie rinnovabili marine e digitalizzare la logistica portuale. E questo significa che il sistema paese pone maggiore importanza alla creazione di adeguate opportunità di formazione per far crescere nuove generazioni di scienziati, tecnici e operatori che abbiano le cosiddette “blue skill”.
Come dimostra il X Rapporto sull’Economia del Mare 2022, l’Italia è tra le 4 più grandi economie blu d’Europa sia in termini di occupazione che di valore aggiunto lordo.
La Liguria è in testa con l’11,9% di occupati assorbiti dalla Blue Economy sul totale regionale. Ad attirare maggiormente i giovani professionisti under 35 sono i servizi di alloggio e ristorazione, la filiera ittica e le attività sportive ricreative. Sempre la Liguria offre il maggior numero di lauree collegate al mondo marittimo che coinvolgono circa 2.800 studenti e 400 tra docenti e ricercatori al Centro del Mare dell’Università di Genova.
Altre regioni, come le Marche, propongono corsi universitari per formare zoologi, biologi, botanici, naturalisti, guide ambientali con molteplici opportunità e sbocchi lavorativi come nelle aree marine protette. Anche la Bicocca di Milano offre un corso di laurea in Marine Sciences e un dottorato specifico in Blue Economy; Padova ha un nuovo corso di laurea in Marine Biology; l’Università di Roma Tre, una laurea in Ingegneria delle tecnologie per il mare.
“Per essere veramente green, dobbiamo pensare blue”, ha detto il Commissario europeo per la pesca e gli affari marittimi Sinkevičius: dalla pesca all’acquacoltura, dal turismo costiero al trasporto marittimo, dall’ingegneria navale alla logistica portuale, i settori e i professionisti della blue economy avranno il compito nei prossimi anni di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale.